AH! LA VITA BAROCCA PLURIFORME,
A TRADIMENTO
MI TITILLA PIANO.
“Mentre la Luna […] è considerata come l'astro
dell'umidità e della generazione, il Sole […] è visto come l'astro della morte,
che 'col suo fuoco ardente e prosciugante non solo surriscalda la terra e
dissecca gli esseri che crescono e i germogli della vegetazione, ma rende anche
assolutamente inabitabile la maggior parte della terra col suo calore
divorante'. Mentre le opere della Luna traggono origine dalla ragione e da una
elevata saggezza 'quelle del Sole, al contrario, sono colpi messi a segno dalla
violenza e dalla forza'. E' a mezzogiorno che il Sole è più nocivo, perché in
quel momento fa scaturire dalla melma e dal fango miasmi pestilenziali ed
esalazioni venefiche”.
Contrariamente alla tradizionale trasmissione
di valori simbolici connessi ai fatti di luce e ombra, Roger Caillois nel suo
saggio “I demoni meridiani”, appoggiandosi
a fonti storiche, citando Plutarco, ne capovolge il significato, cosicché,
nell'ambito del luminoso, è su tutto l'apparato positivo che appaiono
insospettabili crepe e dubbi.
Gli artisti invitati attraversano da
protagonisti questi estremi simbolici.
L'opera pittorica di Angela Maltoni (Forlì
1979) è testimone esemplare dell'opposizione emergente nel pieno bagliore,
quando il corpo, turgido, eludendo una più classica tradizione di effusioni
armoniche con la natura, si fa involucro intollerante alle seducenti
lumeggiature, che si contraggono in scaglie petrose.
L'inerzia chimica della ceramica, materiale distintivo
della scultura di Giacinto Cerone (Melfi 1957, Roma 2004) sembra frenare il
processo degenerativo delle forme, nella scelta consapevole dell'autore di non
lasciarsi circuire dagli appetiti tattili. Restano le spoglie di esperienze
vitali.
I connotati della ceramica e i suoi rimandi
metaforici, sono provati anche nel lavoro dell'artista Mattia Vernocchi (Cesena
1980), non più nel caso plastico, indotto da Cerone al logorio, quanto
nell'assemblaggio con materiali incongrui che scuotono la sua tradizionale
inerzia (non solo chimica), tanto che essa ci appare agglomerarsi e slittare,
brancolare nelle trame del filo di ferro. Resta un fondo di instabilità alla
luce del sole.
Quest'ansia diurna viscosa sfuma nel pattern
disegnato a grafite su tela da Federico Guerri (Cesena 1972), con la sua
dominante razionale e la sua estesa mappatura, in riduzione, più che del colore
del mondo, del suo sistema nervoso.
Jacques Toussaint (Parigi 1947), anch'esso
privilegiando la ripetizione di un modulo spaziale, più che adottare un filtro
logico come anestetico esistenziale, sembra conservare lo stupore della
misurazione, tale che è perfettamente congruo al senso dell'astro notturno.
Eliane Gervasoni (Basilea), con la
sua serie ad inchiostro bianco su cartone nero rappresenta la metà esatta, il
centro equidistante, “è il cuore della tenebra”, “è nel sole di mezzanotte”,
essa afferra la coscienza e la contraddistingue, le pone la domanda e depone la
risposta. La sequenza che disegna è la stessa
quadratura del cerchio, la figura piana con gli angoli smussi assume la
rotazione della sfera. Siamo questo e quest'altro.
Nell'opera di Mirco Tarsi (Ostra
Vetere 1974), la costante linguistica della dentatura, frana con la polisemia
del risultato raggiunto. E' lo stesso esibizionismo del morfema ad escludere
l'interpretazione univoca nella direzione di formule astraenti. Scelto un
particolare anatomico con il suo carico simbolico come arco strutturale, pesa,
nel codice assunto, anche ciò che dal simbolo è lasciato dietro, sostituito.
L'intuizione devasta i sistemi convenzionali con funzioni di linguaggio.
L'alfabeto deputato a dire è soffocato per queste ombre in ripiegamento.
Morena Chiodi (Jesi 1975) non sceglie
di sclerotizzare l'espressione, la sua è una ricca felicità immaginativa per la
quale si potrebbe parlare di buoni propositi, di istanze fertili, se non fosse
che questa pienezza dissimula una estraneità: ciò che entra in circolo nella
dinamica percettiva della psiche non è più il flusso di informazioni ricevute
dai sensi, che vanno in congestione di dati, ma dati generati e partoriti nelle
forme. Il vissuto arrovellandosi senza spuntare concetti e proprietà.
Affine è il gene creativo di Verter
Turroni (Cesena 1965) con in più l'imprevedibilità accesa dell'immaginario, in
continua ossigenazione del circuito chiuso della visione. Alla contestata
realtà, egli concede l'uso di cose che hanno un nome, recuperabili ingredienti
di formulazioni più alte.
Emissario in movimento tra gli
estremi simbolici degli astri sogna che “Dioniso finisca e trovi pace ai piedi
del sereno dio di Delfi”.
Di segno opposto è la poetica di Mad
Meg (Parigi), interrogativa verso l'autonomia del sistema (la misura aurea che
l'arte concepisce in antagonismo alla vita), i cui meccanismi autoreferenziali
vengono esasperati attraverso un elaborato citazionismo, anche testuale,
asfissiante e accanito nel reintegro, simultaneo e livellante, di prodotti
spirituali e del materiale attorno. Alla sua indecisione su quale dio deporre:
l'ingorda vita o il pallido artificio delle immagini, i commissari prendono
posto e parola: “occorre essere molto per non esprimere più nulla”.
Immagine finale: immagine video di
Cristiano Carloni (Fano 1963) e Stefano Franceschetti (Pesaro 1966): “balza e
corre, rivolo sanguigno”, ore raminghe, alle spalle la vita, eccetto che la
vita delle forme: “ siamo una momentanea coemergenza di fenomeni, nel momento
in cui siamo identificati con questa esistenza individuale nasce il desiderio,
nasce il movimento, con cui l'essere individuale vuole sopravvivere e nutrirsi.
Nel momento in cui ci distacchiamo da questo, possiamo contemplare il mistero,
ciò che viene prima di tutto questo. Ma ci dice Lao Tze, che questi due sorgono
insieme. Questo viaggio che noi ci facciamo nell'esistenza individuale è parte
intrinseca del processo. La ricchezza dell'essere incarnati come essere umano
è, essere queste due cose nello stesso tempo, Oceano e Onda.”
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Gasparelli
Arte Contemporanea
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